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Meknès, un sorriso antico, un volto giovane e primitivo


testo: Elena Uber
pubblicato: Libertà, mercoledì 10 novembre 2010, rubrica il reportage

Sguardi ammirati e scivolosi di donne e uomini di squisita cortesia


VOLTO DI DONNA


Bouchra,la guida di Meknès
Ci vieni incontro sulla piazza della tua città, Meknès, in un pomeriggio d’ambra che t’avvolge in una tenue luce rosata; più tardi conoscendoti si potrà supporre fosse la tua aura.
Sei minuta e un pò manageriale nel continuare la conversazione telefonica al cellulare mentre già il tuo sguardo ci incontra e ci saluta; ci guiderai per le vie d’una antica capitale governata da uno dei vostri sovrani più illuminati e crudeli, Moulay Ismail, che cavalcando instancabilmente per 50 anni nella polvere fece il paese più coeso e ordinato.
Eravamo nel XVII secolo ma gli effetti del suo galoppo si sentono ancora, ci racconti.
Di fronte al tuo foulard leggero sul capo che sta benissimo con la casacca verde militare Desigual, un capo che ti ruberei subito, l’ultimo pregiudizio sul velo simbolo d’un pudore a noi estraneo cade da sè e ci lascia nude, 5 donne occidentali di diverse età davanti ad una creatura delicata e tenace che a trent’anni ha due lauree, un master preso alla Sorbona via internet, una figlia, un lavoro come guida accreditata, fa la volontaria per Medici Senza Frontiere ed Emergency e parla l’italiano meglio di moltissimi connazionali. Oltre all’arabo il berbero il francese l’inglese lo spagnolo e un pò di tedesco.
«Il prossimo mese finalmente vengo a visitare le città d’arte italiane, non vedo l’ora! - Sono certa che se approfondissimo un poco la conversazione ci daresti qualche lezione anche della storia d’Italia…».
Il tuo sorriso radioso racconta con precisione lucida e puntuale l’arretratezza d’alcuni aspetti della vita del tuo paese, in particolare quelli che riguardano l’esistenza delle donne, il loro troppo recente accesso alla scolarizzazione e alla cultura («sono state le donne delle classi agiate marocchine che trasferendosi in Francia negli anni 50 hanno visto come là le donne potevano vivere diversamente e hanno voluto che le loro figlie studiasseroe che potessero farlo qui! Ma ancora, da lì ad una istruzione pubblica di massa e gratuita sono passati più di 20 anni! »); ci racconti il rischio di cadere in una pseudo emancipazione che è semplice scimmiottamento dell’occidente («se vai nella parte nuova della città le donne della borghesia ti accolgono con i capelli tinti di biondo in case tutte arredate all’occidentale… Non credo sia questa la via per la nostra emancipazione vera…»).
Il tuo sorriso antico incorniciato da quel lieve tulle rende le tue parole dense, appassionate, senza essere isteriche. Penso alla complessità di coniugare questi 2 verbi, emanciparsi e appartenere, eppure il tuo accento armonioso suggerisce la bellezza di un ardito racconto che li contenga entrambi, il tuo volto giovane e primitivo insieme lasciaintuire una sintesi possibile.
Tocco per un momento l’impressione d’essere noi stesse donne occidentali l’ossimoro d’una emancipata arretratezza, con i tanti corpi venduti ogni giorno nelle nostre TV insieme alle macchine e all’intrattenimento rimbecillito.
Non era esattamente questo che s’intendeva per liberazione del corpo, quando lo si volevaspogliare...
Faccio silenzio dunque e vi osservo, creature tanto diverse che popolano le vie di città cucite tra medine antichissime e Mac Donald, alcune segregate dietro drappi funerei che lascian spazio a malapena ad un lampo nero dell’occhio, altre elegantemente agghindate con splendidi copricapi velati, altre ancora con le lucide chiome corvine che ondeggiano libere sui jeans fasciati. E’ una gran bella sensazione camminare in mezzo a questa eterogenea femminilità.
Ciao Bouchra, chissà cosa ne saprete fare…


VOLTI DI UOMINI

Nelle vie strette strettissime che costringono lo sguardo al cielo più che per mistica ispirazione per prendere un poco d’ aria, s’assiepano centinaia di sguardi maschili a stendere un tappeto vellutato alle giovani turiste di passaggio.
Diversamente da altri luoghi, parlano poco, quasi sussurrano, e sorridono molto.
«Spagnola? Ola, mira… Ah…no…italiana… bella italiana… ».
Le ragazze transitano sotto quest’ arco di occhiate e non restano indifferenti a quella luce, a quel nero degli sguardi, che intercetta con incredibile sapienza istintiva la loro vanità di giovani donne.
Commentano tra di loro - sei tu la più ammirata…- Evolute, libere, postmoderne, spesso insofferenti alla corte dei loro casalinghi coetanei, rispondono con una timidezza quasi pudica a quella seduzione gentile e implacabile; assisto stupita a una scena archetipica in quel gioco di sguardi che connette per un attimo quattro giovani donne pallide a una salve di occhi scurissimi, che racconta del desiderio di uomini e donne sotto ogni cielo.
Ho l’impressione che questi uomini sappiano molto di quella scena, forse le sono storicamente o culturalmente più prossimi. Quella sedimentata sapienza mi sembra contenere un ingrediente insostituibile della loro organizzazione sociale, dove le donne sono sempre collocate al centro, posizionate loro malgrado sul gradino della necessità ammantato del rispetto più totale, anche quando forse vorrebbero essere altrove da una casa o una famiglia. Trattenute nella ragnatela di questi sguardi ammirati e scivolosi che la nostra coscienza lineare vorrebbe collocare nello stereotipo d’un corteggiamento fuori moda e invece registra nella parte più oscura e profonda di sè con gratificata compiacenza.
Dunque come al solito le cose sono più complesse di quanto appaiano se questa bionda fanciulla che a casa mi si rivolge sboccata abbassa lo sguardo e quasi arrossisce sotto gli occhi insistenti d’un uomo tanto cortese… A me alla fine interessano i vostri sguardi, donne e uomini del Marocco e d’ogni dove, che trovo anche un pò inquietanti non lo nego perchè la decifrazione è difficile. Cosi’ devo abbandonarla ed è li’ il bello, perchè mi devo dislocare dai pregiudizi che penso siano semplicemente universali presupposti e semplicemente guardare.
Guardare donne tanto dolci umili semplici accoglienti, sorridenti, una parte dell’esser femminile che rassicura pacifica armonizza; che contiene i germi del cambiamento in un grembo che non urla e non strepita… Tutto ciò m’attrae e m’insospettisce, perchè reclamate il diritto e addirittura l’onore di rimanere dentro il solco d’una cultura che è sempre anche religione e quindi vi vincola a immagini di voi, di noi, marmorizzate nel Verbo. Coranico ma pur sempre Verbo.
Sento una profonda attrazione curiosa per la vostra diversità, la stessa con cui guardo i vostri uomini di gentile e squisita cortesia, che non parlano d’altro che del rispetto che vi portano e quando entrano in casa baciano la mano alla anziana madre in un modo che m’è sembrato autentico.
Vi guardo tenendo l’occhio un pò di traverso ma davvero s’ avverte che forse più che altrovequalcosa sotto la storia che sembra andare a rilento, cambia.
Il fatto è che non sappiamo nulla di questo silenzioso trasformarsi e più che mettere un occhio curioso e sbilenco non abbiamo da fare.


Ultimo aggiornamento: 2010-11-22

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