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La palma da dattero: pianta sacra ed emblema dell'uomo


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Reportage etnobotanico nella Palmeraies di Agdz

A cura di:
Dr Giuseppe Imprezzabile (g.impre@libero.it)
Erborista
Esperto in Medicina Erboristica ed Etnobotanica del Mondo Arabo
Consigliere Nazionale Federazione Erboristi Italiani - F.E.I.

Recandosi sul terreno l'antropologo osserva, guarda, ascolta, assaggia, tocca, annusa. Il suo sapere si costruisce innanzitutto su basi sensoriali, prima di arrivare a tradursi in modelli, paradigmi. Sul terreno, qualunque esso sia, il ricercatore non vede strutture, società, politica, economia. Vede gente che si incontra, parla, combatte, si scambia oggetti,
produce, costruisce, mangia, si organizza, prega, vive.

Marco Aime - antropologo


Introduzione
Il Dattero in Marocco: ambiente, economia e distribuzione geografica
Nella palmeraie di Adgz
Bayoud, un nemico silenzioso
Tradizione ed usi. Caratteristiche chimico-nutrizionali del dattero
Conclusioni

Esiste un tempo di confronto delle diverse culture, che porta a noi diversi aspetti della natura, della crescita dell'uomo, del viaggio umano nel territorio, nella superficie brulicante dell'antropologia medica, nello sviluppo storico-sociale di una specie vegetale, dell'etnobotanica; esiste un tempo della ricerca in campo.

Relazionare la storia del dattero con quello che oggi rappresenta questo frutto è stato possibile farlo descrivendo non solo la tradizione, ma è stato necessario un reportage, in campo appunto, per capire, per vivere e documentare una delle "culture botaniche" più antiche e importanti del popolo arabo.


Il Dattero in Marocco: ambiente, economia e distribuzione geografica

la palmerie di adgz

Da sempre simbolo di fertilità e di prosperità delle zone sahariane e presahariane, la palma da dattero, stabilitasi in Marocco, soprattutto lungo le Valli dello Ziz, del Drâa e del Dadès, è considerata come una delle più antiche specie da frutto della storia agricola marocchina.

La coltura della palma da dattero che costituisce una delle principali economie agricole del territorio, occupava, più di un secolo fa, un'importante superficie, circa 15 milioni di ettari e posizionava il Marocco al terzo gradino mondiale nella produzione di datteri. Attualmente, questo settore copre appena una superficie di circa 44.000 ettari che corrispondono a circa 4.430.000 palme, retrocedendo il Marocco all'ottavo posto a livello mondiale, dietro all'Iraq (21,5 milioni di palme), l' Arabia Saudita (12 milioni di palme), l' Egitto (11 milioni di palme), l'Oman (8 milioni di palme), l'Algeria (7,5 milioni di palme), la Libia (7 milioni di palme) ed il Sudan (4,7 milioni di palme).

La produzione mondiale di datteri, è stimata intorno ai 3,7 milioni di tonnellate di cui circa il 70% è generato dal paese arabo e la sua ripartizione tra paesi produttori rivela che più del 40% del raccolto globale sono garantiti dall' Egitto per il 15,6%, dall' Arabia Saudita per il 14,5% e dall' Iraq per il 13,4%. Il Marocco fornisce circa il 3% della produzione media mondiale di datteri. Un elaborato del Ministero dell'Agricoltura precisa la ripartizione regionale del patrimonio phoenicolturale nazionale, evidenziando la sua concentrazione su tre principali regioni: Ouarzazate (41%), Tafilalet (28%) e Skoura (20%). Le zone a vocazione phoenicolo coprono una superficie totale di 471.000 km2 che rappresentano circa i due terzi del territorio nazionale, comprendendo dodici province: Figuig, Er-Rachidia, Ouarzazate, Zagora, Tata, Agadir, Tiznit, Guelmim, Tan-Tan, Laayoune, Smara ed Oued Eddahab.

agricoltura tradizionale nella palmerie
L'evoluzione della superficie phoenicola, è passata da 85.000 ha nel 1947/48 a circa 44.000 ettari attualmente. Questa regressione è dovuta a vari fattori, fra cui la malattia del Bayoud che è all' origine della scomparsa di più di due terzi del patrimonio phoenicolo; inoltre l' effetto delle siccità prolungate ha comportato l'essiccazione parziale o totale di circa 500.000 palme. Durante gli anni ‘80, quasi 350.000 palme sono state essiccate nelle sole Palmeraies di Ouarzazate e di Er-Rachidia. Oltre al fenomeno dell'essiccamento delle Palmeraies, e alla presenza del Bayoud, si aggiunge l' interessamento delle popolazioni locali per attività più remunerative, verso le grandi città, privando così l'attività phoenicola della mano d'opera necessaria all'esecuzione dei lavori richiesti per l' intensa cura della Palma.
La grande varietà del patrimonio phoenicolo nazionale è caratterizzata dall'esistenza di un'elevata quantità di varietà di cui una grande percentuale (47,5%) è costituita da khalts (varietà non identificate). Fra le varietà più interessanti, da un punto di vista nutrizionale ed economico abbiamo: Mejhoul (0,3%), Boufeggous (12,2%), Bouskri (2%) e Jihel (12%). In una media variabile, la produzione nazionale dei datteri si aggira intorno alle 100.000 tonnellate, di cui circa il 90% proviene dalle regioni di Ouarzazate e di Er-Rachidia.

souk, adgz
La fiera nazionale dei datteri, evento importante che si svolge ogni anno tra ottobre e novembre a Erfoud, è un'occasione per mettere in luce la phoenicoltura in Marocco e la sua importanza socio-economica ed ambientale. Infatti, le Palmeraies, condotte in generale in coltura mista, permettono la sussistenza di numerose famiglie. Il dattero non è solamente considerato come un frutto-dessert, ma rientra in prodotti alimentari di base per più di un milione di abitanti e possono servire all' elaborazione di prodotti alimentari di grande valore energetico e dietetico. La palma da datteri costituisce anche la struttura di base agronomica delle oasi marocchine in particolare con la creazione di un microclima indispensabile al buono sviluppo delle colture sotto giacenti.

Le palmeraies tradizionali sono organizzate in tre strati di colture: le palme da datteri, gli alberi da frutto o arbusti e cereali. Tutte queste produzioni condizionano l'economia delle oasi e la stabilità delle popolazioni che vi vivono.
Altro interesse non meno importante è di ordine agro-turistico, considerando il ruolo basilare della palma da datteri nel mantenimento dell'identità ecologica del suo ambiente. Come abbiamo visto, la Palma da datteri costituisce il perno dell'ecosistema delle oasi nelle regioni sahariane e pre-sahariane del Marocco. Questa contribuisce, dal 40 al 60%, al sostentamento dei redditi agricoli per circa un milione di abitanti. Fornendo inoltre diversi materiali destinati all'artigianato, alla costruzione o alla produzione d'energia. Svolge un ruolo di schermo, proteggendo le oasi contro le influenze desertiche. Sul piano strettamente economico, la produzione di datteri occupa un posto importante fra le produzioni arboricole nazionali, con un valore medio di 500 milioni di dirhams.


datteri
I datteri costituiscono anche un ponte commerciale importante tra il sud ed il nord del paese, contribuendo alla creazione di posti di lavoro ed alla stabilizzazione delle popolazioni nelle zone ad ecologia ed economia fragili.
Rimarchiamo che alla fine del XIX secolo, il Marocco occupava la terza posizione fra i paesi produttori ed un posto di scelta a livello del commercio estero dei datteri, grazie, in particolare, alla qualità di questi.
I datteri del sud marocchino hanno avuto una notorietà importante durata almeno mille anni. La maggior parte dei datteri venduti in Europa veniva dal Tafilalet.
Chérif Ha ldríssi ed Ibn Battouta, grandi viaggiatori del XVII secolo e buoni esperti di datteri, classificando alcune specie di datteri del sud-marocchino tra le più buone al mondo. Anche Pereau Leroy, agli inizi del XX secolo ricordava che il mercato del dattero di Londra era soprattutto fornito con Mejhoul di Tafilalet. Purtroppo, dopo questo lungo periodo di prosperità delle Palmeraies marocchine, ed a partire dall'inizio di questo secolo, la situazione si è completamente invertita e non cessa di deteriorarsi.

jebel kissen e la palmerie di adgz
La regressione della coltivazione e produzione di datteri del Marocco è dovuta principalmente alla problematiche affrontate prima. La cementificazione, purtroppo anche nel mondo arabo-musulmano ha portato a drammatiche scomparse, come il Palmeto di Marrakech.

La produzione nazionale media di datteri negli ultimi 10 anni è di 72.000 tonnellate all'anno. Questa produzione è caratterizzata da prevalentemente da varietà di qualità media o mediocre, e l'utilizzo di una parte di questa produzione usata per l'alimentazione del bestiame. La produzione considerata attualmente come buona (Mejhoul, Boufeggous, Jihel, e Bouskri) rappresenta soltanto il 25% della produzione nazionale. Il livello di produzione in termini di quantità e qualità può variare notevolmente anche nell'arco di pochi anni, questo fattore di variabilità è dovuto principalmente alle condizioni climatiche di siccità, un esempio sono le 12.000 tonnellate del 1984-85 nelle più importanti zone di coltura, con le 120.000 dell'anno 1989-90, problema amplificato principalmente dall'insufficienza della mobilizzazione e della regolarizzazione delle acque d'irrigazione.

i rami dei datteri
D'altra parte, la programmazione delle irrigazioni con le acque della diga si fa principalmente per soddisfare le necessità delle grandi colture basse, in particolare i cereali, e tiene conto soltanto molto poco delle necessità della palma da datteri. Le condizioni climatiche di molte Palmeraies del Marocco, rendono cosa rara le fonti di acqua per le colture. Le scarse precipitazioni e la secchezza del suolo che non permette all'acqua di rimanere in superficie, costringono la popolazione delle oasi a cercare le fonti di acqua sottoterra. Il recupero delle acque dal sottosuolo viene svolto da questi popoli da tempo immemore, attraverso tecniche semplici ma ingegnose. La khettara, è il simbolo dell'ingegno di queste popolazioni. Alcuni ritengono che siano stati gli ebrei o ebrei berberi a introdurre il sistema delle khettare nel sud marocchino, circa due mila anni fa.
Una khettara consiste in una canalizzazione sotterranea costruita per alimentare i giardini nelle palmeraies.
canalizzazione e vasche di raccolta
in un'oasi nella regione di merzouga
Le canalizzazioni seguono una pendenza leggera e corrono circa a 5 o 10 metri sotto la superficie del suolo. La khettara ha un diametro sufficiente per permettere lo spostamento di un uomo, che progredisce da valle a monte, al momento della perforazione, o di un operaio che circola per effettuare lavori d'intervento. Le khettare sono dirette da una persona della città che controlla la distribuzione dell'acqua.
L'ingegnosità del metodo risiede nella sua concezione ed il suo adattamento alle condizioni della vita e del clima sahariano: riduce le evaporazioni ed elimina i lavori forzati d'acqua, estenuanti, che occupano la maggior parte di tempo degli abitanti. Essendo l'acqua del sistema khettara gravitante, essa presenta il vantaggio inoltre di non richiedere energia per la sua estrazione.

Parallelamente ai problemi d'irrigazione, le tecniche culturali praticate rimangono tradizionali, nonostante la messa a punto di tecniche efficienti da parte dell'INRA. I rendimenti acquisiti al livello delle stazioni di ricerca superano 50 kg per ettaro, circa il triplo del rendimento medio realizzato presso gli agricoltori. Infatti, il rendimento nazionale medio è attualmente di 18 kg, valore debole rispetto ai rendimenti medi acquisiti negli altri paesi nordafricani, Tunisia e Libia in particolare. Il ripopolamento delle Palmeraies è uno dei problemi principali a cui le unità agricole nazionali stanno tentando di ovviare.

pasto ricco per gli asini
Circa il 40% della produzione di datteri finisce per l'auto-consumo nelle regioni produttrici, cioè circa 30.000 tonnellate. La varietà Bousthami, caratterizzata da un sapore caramelloso, e di altri khalts ben apprezzati è la varietà più consumata sul posto di produzione. Il valore di consumo nella zona è più alto rispetto al valore medio nazionale, di 15 kg pro capite all'anno contro una media nazionale di 2 kg pro capite all'anno. A questo titolo, il governo marocchino sta pensando ad un programma di sensibilizzazione dei consumatori marocchini sull'interesse nutrizionale del dattero.
La produzione nazionale non arriva sempre a soddisfare le necessità interne del paese, causa questo non soltanto della debolezza della produzione ma anche di un problema di organizzazione dell'intera filiera produttiva: dalla programmazione delle raccolte al confezionamento del prodotto finito. La commercializzazione dei datteri è realizzata a livello dei souks comunali. Questa modalità di commercializzazione riguarda principalmente le varietà ed alcuni khalts di qualità buona (Mejhoul, Feggouse, Bouskri) e media (Jihel, Bourar ed Aguelid) ed interessa un volume annuale medio di 30.000 tonnellate, cioè più dell'80% della produzione di varietà citate e circa 40% della produzione nazionale. Prima del 1977, quest'attività era esclusivamente garantita dagli stessi agricoltori, a seconda dei loro propri mezzi e sbocchi disponibili. La creazione di società di commercializzazione dei datteri a Zagora e Er-Rachidia, verso la fine degli anni 70, doveva rispondere alla preoccupazione di una migliore organizzazione della filiera di commercializzazione e di una valorizzazione del dattero marocchino.


fecondazione della palma da dattero

raccolta

Tuttavia, l'obiettivo è stato solo parzialmente raggiunto, per diverse cause, soprattutto la scarsa quantità dei datteri commercializzati, soltanto di 1.200 tonnellate mediamente in un anno. Il mercato dei datteri di fatto è controllato soprattutto dai commercianti locali che conservano nelle zone di montagna i datteri, fino al mese del Ramadan per trasportarlo poi sui mercati urbani della provincia o presso i mercati delle grandi città: Marrakech, Casablanca e Agadir.

I prezzi dei datteri variano da un anno all'altro secondo le varietà e l'importanza dell'offerta e della domanda. Nel 1991, questi prezzi variavano da 1, 5 Dh al kg, per gli scarti dei datteri e per datteri industriali; 15 Dh al kg, per i datteri di buona qualità commerciale e 40-50 Dh al kg per Mejhoul. La presenza del dattero importato e commercializzato nei grandi centri urbani influenza fortemente la produzione nazionale e i suoi prezzi: il volume delle importazioni nazionali si quantifica ufficialmente a 1.200 tonnellate e proviene principalmente dalla Tunisia e dall'Algeria.
La riabilitazione, la rivalutazione e lo sviluppo del settore phoenicolo in Marocco, richiede l'adozione di un piano d'azione urgente: prosecuzione e rafforzamento dei lavori di ricerca, trasferimento di tecnologia nei siti di produzione, mobilizzazione delle potenzialità e miglioramento del contesto di produzione e delle condizioni di commercializzazione del dattero.

dune di merzouga
I lavori di ricerca, per migliorare il settore sono stati relativamente proficui. L'istituto nazionale della ricerca agronomica, nel settore phoenicolo, ha ottenuto con la collaborazione di alcuni stabilimenti nazionali ed internazionali dei risultati promettenti: la selezione di palme resistenti al Bayoud e di buona qualità, la moltiplicazione rapida della palma con la tecnica di coltura dei tessuti ed il miglioramento delle tecniche culturali e della produzione. Come si è sottolineato precedentemente, e come ci terrà a sottolineare nuovamente durante il nostro incontro il direttore all'agricoltura di Agdz, il settore della palma da datteri è seriamente minacciato dalla malattia del Bayoud: dal 5 all'8% del patrimonio scompare ogni anno. Dinanzi a questa situazione, il Ministero dell'Agricoltura e della Valorizzazione Agricola ha lanciato nel 1986 un progetto di ricostituzione e di ristrutturazione delle palmeraies. Il fenomeno della desertificazione, caratteristica delle regioni pre-sahariane, costituisce una peste per le Palmeraies esistenti e per le nuove piantagioni previste nel quadro del progetto di sviluppo della palma da datteri.


Nella Palmeraie di Agdz

Il mio nuovo viaggio in Marocco mi porta sulle tracce delle Palmeraies marocchine, esattamente nella "Vallée du Draa", ad Agdz, nella regione di Ouarzazate.

Marrakech 19.10.2008

souk degli erboristi, marrakech
In questa stagione la città "rossa" o "la perla gettata sull'Atlante", come amava definire la poetessa Andalusa Hafsa Bint el Hajj, è molto vivibile, nonostante il flusso turistico sia comunque intenso. Le temperature giornaliere si aggirano tra i 15 e i 23 gradi, ma la sera la temperatura cala di qualche grado, rendendo necessario un capo pesante.
Mi fermo a Marrakech solo un giorno, il tempo di salutare e rivedere qualche amico erborista.
Mi allontano dalla città rossa, il bus di linea locale mi porterà a Taddert, dove incontrerò i miei compagni di viaggio. La strada P 31 è la via per arrivare fino a Ouarzazate, a sud. Lasciamo Marrakech in direzione sud-est, attraversando il fiume Zat. Il paesaggio lentamente cambia. Nelle svariate e innumerevoli curve incrociamo molti camion che trasportano manganese. Sulle ripide pareti delle montagne crescono ginepri rossi, pini di Aleppo e lecci. Viaggiando verso il sud del Marocco, si attraversa la catena montuosa principale dell'Alto Atlante, e si nota a vista d'occhio l'avanzare del deserto. L'Alto Atlas è un vero confine climatico, una vera barriera; protegge la zona centrale del Marocco, la meseta, dai venti caldi sahariani del chergui, facendo sì che le masse d'aria umida dell'Atlantico si trasformino in pioggia. Qui le precipitazioni annuali sono molto scarse, ma la neve e le frequenti piogge dell'Alto Atlas aiutano anche le terre del sud, lungo le oasi.

Dopo due ore di viaggio arrivo a Tadder, una piccola località tra alti alberi di noce e grandi querce a 1600 m, poco prima del Tizi-n-Tichka (2260m). Semplici caffè e piccole drogherie fanno di questo, un luogo piccolo ma accogliente. Dopo la sosta a Taddert uno, arrivo a Taddert due, in quanto il bus fa due fermate nella località, le due fermate distano solo 5 minuti una dall'altra.

noci e meli nella valle di imouzzer tichka

Incontro qui, intorno alle 20, dopo aver gustato un'ottima tajine e tè alla menta, Monica, Roberto e Fabio, non solo amici ma anche compagni di viaggio nel percorso del dattero e in tutte le mie ricerche in Marocco. La notte ci fermiamo a Imozzeur; nel piccolo villaggio siamo ospiti di Mohamed e la sua famiglia. Imouzzer è un piccolo villaggio nell'Alto Atlas a 1800 m di altitudine a metà strada tra Marrakech e Ouarzazate; vi abitano circa 700 persone. L'economia locale è basata principalmente sull'agricoltura, in particolare sulla coltivazione di meli e, in misura minore, di noci. Alcuni abitanti del villaggio arrotondano i guadagni con piccole baracche sull'orlo dello spettacolare passo del Tichka, dove molti turisti sono invogliati a scendere dall'auto per catturare con lo sguardo la maestosità del paesaggio circostante. In queste baracche vendono di tutto, ma, come sulle altre strade di montagna del Marocco, specialmente pietre, minerali e fossili; l'associazione locale Wifaq ha realizzato, grazie anche alla collaborazione con associazioni belghe ed italiane, molti progetti in campo educativo, imprenditoriale ed agricolo (stage di pedagogia per studenti europei, cooperativa tessile femminile, irrigazione).
Ci spiega Mohamed, presidente dell'associazione, che la maggiore fonte di sostentamento economica è la coltivazione delle mele e delle noci; esemplari di Juglas regia di 400 anni si ergono dal suolo e si manifestano nel loro splendore alle prime luci dell'alba, la notte prima, nel buio del villaggio era stato difficile notarli tra le fronde. Qui regnano le stelle, fonti di luce ormai sconosciute nelle nostre non più città, ma "supermercati di lampadine". La mattina, dopo un'abbondante colazione con pane fatto in casa e smen (una via di mezzo fra una piadina e una crepe, ottima con burro e miele prodotti nel villaggio stesso...) riprendiamo subito il cammino.

kashba di telouet
A piedi raggiungiamo Taddert due, qui cercheremo un mezzo per visitare la Kasba di Telouet, dogana obbligatoria per le carovane che dal sud: Mauritania, Mali e Burkina Faso, portavano merce e schiavi a nord, in Marocco.
Ritornati a Taddert uno aspettiamo un mezzo che porti me, Monica e Roberto a Ouarzazate, anzi ad Adgz da Abdellah, ci guiderà lui nel palmeto, e sarà lui ad ospitarci. Fabio ritorna a Marrakech, riparte per l'Italia.
La sosta a Taddert uno, durerà varie ore, causa cattive condizioni meteo, e diventerà parola chiave del nostro viaggio, divertente aneddoto e chiave sicura per una risata di gruppo, al solo pronunciare di quel nome, Taddert, Taddert…Taddert.

Dopo circa 100 km si arriva nel punto più alto del Tizi-n-Tichka, fiancheggiato a ovest dal Jebel Bou Ourioul (3573m). L'Alto Atlante è ricco di minerali, e sulla strada incontreremo tanti commercianti che vendono "ametiste" o nel peggiore dei casi quarziti colorati. Il cambio di programma a questo punto è evidente, il Festival del Dattero che si sarebbe dovuto svolgere dal 24 al 26 di ottobre a Erfoud, nella Tafilalt, altra importante Palmeriaes del Marocco, è stato spostato a causa delle cattive condizioni climatiche che hanno colpito il Marocco in questa zona, con diverse alluvioni. Ci siamo quindi spinti a sud, dove mi rassicurano Roberto e Monica avrei trovato in Abdellah, un ottimo interlocutore. Non saranno smentiti. Il viaggio in bus, di notte, ci porta prima a Ouarzazate e poi ad Agdz.

valle della draa

In questa località sono tre i miei principali scopi: visitare il mercato dei datteri di Agdz, visitare la Palmeraie insieme ad Abdellah, e incontrare il direttore all'agricoltura di Agdz; in realtà quest'ultima opportunità è arrivata in seguito.
L'indomani mi alzo presto e raggiungiamo tutti insieme il mercato di Agdz, non prima di aver ammirato lo splendido panorama che posso guardare meravigliato dal tetto a terrazza della casa, tipico del sud del mondo.
Qui ricordo che le vene vitali del Marocco meridionale sono le oasi fluviali di Ziz, Todhra, Dades e Dra appunto; qui al di là dell'Alto Atlante il sole brucia da marzo fino a novembre e causa molte perdite di acqua per evaporazione, ed è per questo che i coltivatori delle oasi hanno escogitato le colture a terrazza; all'ombra delle palme crescono fichi e albicocchi, melograni e cespugli di henné, più in basso cereali, verdure e piante foraggere. Da qui ammiriamo a nord l'Alto Atlas e ad est della gola del Dra, l'Anti-Atlas trapassa nel massiccio del Jebel Saghro (2544m), a nord di questo l'altra grande oasi, quella del Dades.

cassette per la vendita dei datteri
souk, adgz
reparto macelleria, souk di adgz
L'atmosfera del mercato è intensa, brulicante di affari per chi sta lavorando, l'aria è fresca e guardando le cime montuose all'orizzonte penso che non mi sarei mai immaginato così un mercato di datteri, anche se in realtà c'è un areale circoscritto dei venditori di datteri e qui abbiamo solo vendite delle cassette di medio grosso peso, la vendita al dettaglio viene invece fatta proprio in paese, ma i venditori sono molto gentili, e non mancherà certo di assaggiare tutte le qualità. La fortuna mi coglie subito, incontriamo il responsabile dell'agricoltura di questa regione e mi concede un appuntamento proprio la mattina successiva. Iniziamo il nostro cammino e capisco subito che non sarà facile avere molte notizie precise, i venditori sono giustamente intenti a vendere e noi con le nostre domande interrompiamo il consueto lavoro, qualcosa però riusciamo a cogliere. A terra noto subito i noccioli del dattero, questi vengo a sapere sono venduti come mangime per il bestiame e non solo, entrano a far parte della farmacopea marocchina, utilizzati sia dopo essere stati polverizzati come eccipienti in farmacia, ma usati anche esternamente nelle pratiche tradizionali mediche per guarire dalle fratture ossee. Riesco ad individuare, grazie anche all'aiuto dei venditori, circa 10 tipologie diverse di datteri, a seconda della consistenza, del colore, della dimensione, della specificità d'uso e della qualità: Bousthami, Jihele, Sayeme, Clane, Feggouse, Bouskri, Mejhoul, e all'interno di ognuna di queste specie altre sottospecie. Le cassette di legno, che nella foto sono impilate l'una sull'altra partono per i mercati delle grandi città, Marrakech, Agadir, Casablanca, Fes, Rabat; come vedremo dopo, parlando con il direttore all'agricoltura uno degli scopi del governo marocchino è convincere gli agricoltori a soppiantare le tradizionali "cascie", con materiale idoneo al trasporto di alimenti, anche per lunghi viaggi a nord e favorire una maggiore conservazione.
Il mio giro al mercato si conclude, dopo aver curiosato ovunque; qui si vende non solo datteri, ad esempio shampoo e dentifricio lasciato a Marrakech. Il cielo si fa nero e decidiamo di tornare verso Tansift con Abdellah, che intanto aveva approfittato dell'occasione per fare il pieno di frutta e verdura. A questo punto vorrei aggiungere un consiglio ai miei colleghi erboristi e non solo. Se vi capita di entrare in qualche tipica erboristeria marocchina, precisate sempre il quantitativo in grammi e quanti dhiram siete intenzionati a spendere e non incappate nell'errore, ahimè commesso, di chiedere una pozione magica, vi potrebbe costare molto cara.

Nel pomeriggio il fulcro del mio viaggio, la passeggiata in compagnia di Abdellah nel palmeto di Agdz; sono circa le 15 del pomeriggio, e il nostro giro durerà circa 3 ore.
Attraversando la Palmeraie di Agdz in compagnia di Abdellah, mi appare evidente che la coltivazione e la tradizione del dattero in Marocco stiano soffrendo quello che le colture tradizionali in occidente soffrono ormai da tempo, e cioè un allontanamento dalla tradizione rurale e un abbandono delle campagne da parte delle nuove generazioni. Abdellah mi fa notare che la coltivazione dei datteri è cosa assai complessa, sia per il mantenimento della vitalità della palma, che la tempistica nella raccolta dei datteri fino alla conservazione e alla vendita. Alla mia domanda di quanto lavoro offra alla comunità marocchina la coltivazione del dattero, Abdellah mi risponde che esiste in ogni famiglia una tradizione della coltivazione del dattero e che ogni componente è coinvolto, anche chi impossibilitato a recarsi nel palmeto, anziani o fisicamente invalidi, trovano una maniera per aiutare l'economia di casa. Oggi questo meccanismo familiare va inceppandosi, dovendo così appoggiarsi a manodopera al di fuori della famiglia, con l'aumento dei costi per la stessa, o in altri casi non riuscire a mantenere una manodopera adeguata e una giusta attenzione alla coltura.

abdellah nella palmerie di adgz
Abdellah mi indica con puntualità i casi dove questo è evidente: fronde troppo ampie alla base (causa questo di una mancata e adeguata respirazione dell'apparato radicale) datteri troppo maturi per essere ancora sui lunghi tronchi e inadeguata irrigazione.
Abdellah mi racconta che anche la sua famiglia tramanda da generazioni questo lavoro, e come tutti i coltivatori di datteri, il terreno viene tramandato da padre a figlio, comprese le colture sottostanti. Davanti ad una bellissima palma, ricca e prolifera, Abdellah mi spiega che la pratica più comune per la propagazione è l'uso della talea perché la disseminazione del seme non ci garantisce la nascita della stessa specie di dattero. I fattori importanti della coltivazione del dattero sono la luce, l'acqua, la distanza tra una palma e l'altra e le lavorazioni intermedie tra un raccolto e l'altro. Riusciamo a vedere anche un momento del raccolto, uomini agili si arrampicano, tagliano il ramo con i frutti e lo porgono ad altre persone poste più in basso, per fare subito a terra una prima cernita.
Diverso sistema di raccolta da quello più tecnologico e avanzato che si può notare in Israele.
Abdellah mi spiega che occorrono circa dai 5 ai 6 anni prima che una palma da datteri inizi a produrre la sua prima fruttificazione. Da aprile a giugno, mi spiega, gli uomini scalano i tronchi degli alberi femmina ed introducono nell'ambito delle stipe dei pezzi di fiori maschili caricati di polline. Al termine di un certo tempo il giovane embrione (tal'ha) si forma e, al termine di una metamorfosi più o meno lunga che lo farà passare dalla fase del dattero verde (balah ou abluh) a quello del dattero giallo (anqar), darà finalmente poi il dattero maturo (tamr ou tiint). Abdellah mi spiega pure che in primavera si vendono nei souk impollinazioni maschili particolarmente fertili. La raccolta dei datteri, si svolge da fine agosto-settembre per le specie precoci (imnza) a dicembre per le varietà tardive (imouzaz). Una parte del raccolto è venduto in zona, nel loro stato di freschezza, all'entrata di tutte le plameraies e sui mercati: quelli sono i datteri nuovi, ed essendo i primi sono costosi. Il resto della produzione viene conservato e seccato per l'autoconsumo delle oasi o viene successivamente spedito ai mercati. Le varietà di datteri sono innumerevoli, dalle varietà secche consumate sul posto, alle varietà morbide e succose. Dal quarantesimo all'ottantesimo anno di vita una palma da datteri raggiunge il suo momento ottimale di produzione con almeno 3 quintali di datteri per albero, naturalmente a condizioni favorevoli, successivamente la maggior parte delle palme viene tagliata ed utilizzata per innumerevoli usi come materiale da costruzione.

adgz
Quanto ai datteri di qualità inferiore, mi spiega Abdellah, vengono polverizzate o e consumate localmente, mescolate a cereali (sfuf del Dra) o impastati con latte e burro. Tra i dolci più importanti c'è sicuramente il maqroud. Dolce di semola e miglio, mescolato ai datteri; si preparava soprattutto al Mouloud, al Ramadan ed all'Aid Seghir.
Il mio compagno di viaggio mi ricorda che tutte le parti della Palma sono utili alle popolazioni che le coltivano. Le stipe pennute servono nella costruzione, gli strati essiccati coprono le case, si raccolgono anche gli strati giovani consumati come verdura (cavolo palmisti). I frutti si possono consumare freschi, fermentati, in confettura o essiccati. I semi sono a volte arrostiti come sostituto del caffè o fungono da prodotti alimentari per gli animali. I datteri secchi vengono d'inverno pestati insieme all'orzo per fare dei piatti nutrienti. I datteri neri succosi, che acerbi appaiono rossi, sono utilizzati per preparare un succo molto usato nelle cerimonie, leggermente alcolico.
Proseguiamo la camminata e parliamo con Abdellah del problema dell'acqua. La siccità caratterizza notevolmente lo sviluppo del dattero, anche se qui il letto del Draa garantisce una buona salute idrica al palmeto. Come ci dirà anche il responsabile all'agricoltura di Agdz, i problemi fondamentali della coltivazione dei datteri sono tre principalmente: progettare un estensione e una ricostituzione dei palmeti, migliorare le tecniche di coltivazione e produzione, perciò migliorare canali dell'intera filiera, e i processi di concimazione della palma da dattero.
Una cosa interessante che mi fa notare Abdellah è la distanza tra una palma e l'altra che solitamente è di 4 metri, questo favorisce un giusto sviluppo della fronda apicale della palma e una buona areazione nella maturazione dei frutti. Le migliori qualità di datteri che vengono raccolte in questo palmeto sono la prima, Mejhoul, verso la fine di agosto e l'ultima intorno a fine ottobre o nei primi giorni di novembre. Abdellah mi spiega che rompere il digiuno, nel mese del Ramadam, con il dattero, ha un valore fisiologico oltre che religioso e propiziatorio. Avanziamo e notiamo le prime palme bruciate, segno evidente del passaggio del Bayoud, la pianta viene bruciata fin quasi al terreno. Le prime luci del tramonto sfiorano le cime delle palme quando arriviamo sulle rive del fiume Draa, la quiete divina delle acque e il leggero e sottile vento mi portano per un attimo alla memoria tutte le storie sulle palme, la sua lunga vita, la sua estrema importanza per questo popolo. La conversazione con Abdellah diventa sempre più informale, mi parla delle sue speranze, per i palmeti e per le generazioni future, sempre più attente al caos cittadino che alle palmeraies. Ma mi dice pure che il famoso cous cous con i datteri viene cucinato solo in occasione del capodanno musulmano. Quando le luci del tramonto ormai scagliano ombre di palme all'orizzonte, è come uscire da un sogno, difficile un'analisi botanica in questo momento, solo ammirazione per ciò che la natura ci riesce a regalare, anche in mezzo al deserto. La palmeraie è ormai alle spalle. L'indomani ci alziamo presto, l'appuntamento con il direttore è stato fissato nella prima mattinata.

Arrivati nell'ufficio del direttore dell'agricoltura notiamo subito che l'atmosfera è molto piacevole e lieta e questo ci spinge ad approfittarne, e fare tante domande; di seguito le informazioni salienti ottenute.

giuseppe con il direttore
Alla mia prima domanda, sul mantenimento dei Palmeti, il direttore mi ha risposto subito confermandomi l'attivazione del piano di recupero nato qualche anno fa e che dovrebbe vedere la fine intorno al 2012; un piano di ricostruzione che comprende le maggiori aree produttive del Marocco. L'attenzione del direttore è principalmente focalizzata sulla lotta al Bayoud e alla ricerca in vitro che gli organi predisposti stanno cercando di mettere in atto per salvare i palmeti anche di questa regione. Passiamo successivamente all'aspetto organizzativo, con la nascita, ci spiega di cooperative di produttori, che doveva, inizialmente, migliorare la commercializzazione e la produzione del dattero, ma che per motivi logistici, soprattutto legati alla gestione, non ha visto la partenza. Entrando meglio nelle problematiche di questo settore, il nostro interlocutore mi parla di due problemi importanti che sono la conservazione e la commercializzazione. La conservazione perché mancano attualmente strutture frigorifere, che facilitino la conservazione del frutto, soprattutto fuori stagione. Progetti esteri, Belgio su tutti, stanno stanziando fondi per la costruzione di celle frigorifere nelle zone di produzione, ma la macchina burocratica ferma attualmente questo importante perno della produzione, costringendo al trasporto in montagna del dattero, da parte dei coltivatori, dove le temperature sono più basse, rallentando così la maturazione. Per quanto riguarda la commercializzazione, facciamo riferimento a ciò che abbiamo detto in precedenza e al tentativo da parte del governo di sensibilizzare i coltivatori, distribuendo inizialmente anche gratuitamente, prototipi di confezioni più idonei alla vendita, ma anche questo sembra tutt'oggi un passo delicato.

palmerie di merzouga
(foto di elisabetta andreani)
La produzione del dattero marocchino copre oggi il solo territorio del Marocco, senza avere una rete distributiva all'estero o nei paesi confinanti. L'occupazione, ci dice il direttore, per il lavoro phoenicolo è diverso dalle altre colture, qui l'80% della regione è controllata da conduzioni familiari, anche se ci parla lui stesso della fuga dei giovani nei centri urbani. A tal proposito ci spiega che esiste una scuola dell'Agricoltura, dove si spinge alla sensibilizzazione dello studente giovane verso le tradizioni agricole del proprio territorio. Arriviamo all'argomento acqua, il sistema diga-palma, ci spiega, viene regolato dall'apertura durante l'intero anno della diga, che avviene normalmente sette volte, o quattro in caso di forte siccità. Ancora qualche chiacchiera e qualche foto di rito e lasciamo il direttore al suo lavoro, ringraziandolo della disponibilità.


Bayoud, un nemico silenzioso

Da oltre 100 anni, le Palmeraies del Marocco e dell'Algeria sono devastate da un fungo del suolo, Fusarium oxysporum f. sp. albedinis, che causa un deterioramento rapido della palma da datteri. Questo fungo, generalmente chiamato Bayoud, influisce particolarmente sulle migliori varietà di datteri. La sua incidenza supera il semplice aspetto economico legato alle perdite di produzione, poiché la palma da datteri occupa una posizione chiave nell'ecosistema delle oasi e nell'organizzazione sociale dei popoli sahariani.
Il Bayoud, imperversa soltanto nel Nord Africa, in tutte il grandi Palmeraies del Marocco e nella maggior parte di quelle del centro, dell'ovest e del sud-ovest dell'Algeria. La malattia è originaria della Valle del Draa, dove fu osservata per la prima volta intorno al 1870.
Si è in seguito propagata in tutte le palmeraies marocchine, lungo le valli, quindi in Algeria, a partire qui dal 1898, per salire successivamente d'oasi in oasi.
Senza alcun dubbio l'uomo è stato il principale vettore della malattia: attraverso i prodotti derivati dalle palme o dalla stipa pennuta, non essendo il Bayoud trasmettibile tra i datteri.
A confermare questa tesi, il cammino seguito dal Bayoud, che coincide con quello dei carovanieri.
i rami dei datteri in fase di maturazione
vengono protetti con dei sacchetti di rete
In Marocco, le perdite sono state valutate intorno ai 10 milioni di palme distrutte, circa due terzi degli alberi produttivi. In Algeria la cifra si aggira sui tre milioni di palme.
Il Bayoud continua a progredire verso nuove regioni in Algeria e ad estendersi in quelle che ha già raggiunto, con una velocità d'espansione terribilmente preoccupante. Le indagini svolte sia da scienziati marocchini, algerini e francesi, mostrano che le varietà di buona qualità sono le più colpite. Di fronte a questa situazione, la ricostituzione delle Palmeraies costituisce uno dei principali obiettivi della ricerca agronomica condotte in Marocco e Algeria.
I primi sintomi esterni tipici di un attacco da Bayoud è un'essiccazione a livello della corona media della palma. L'essiccazione si generalizza in seguito a tutta la palma, che assume un aspetto tipico di una piuma bagnata, inclinandosi verso la stipa pennuta. Gli stessi sintomi appaiono in seguito sulle palme vicine, quindi l'attacco si generalizza all'insieme delle palme, che deperiscono rapidamente. Ma i sintomi purtroppo non sono sempre chiari, potendo confondere un attacco da Bayoud con un'essiccazione dovuta ad uno sforzo idrico.
Una delle vie esplorate da anni, per combattere e contrastare questa peste, è la selezione di varietà resistenti. Il primo inventario del comportamento delle varietà tradizionali è stato realizzato a partire da indagini sul terreno o di prove in lotti infestati naturalmente. Si è osservata una variazione praticamente continua della sensibilità al Bayoud da varietà completamente resistenti fino ai più sensibili come Boufeggous, praticamente scomparsa dal Marocco.

merzouga
È stata stabilita una classificazione che separa le specie di palme in tre categorie: resistente, tollerante e sensibile.
Molto importante sarà il lavoro di selezione delle palme, per ottenere palme che abbiano allo stesso tempo buone attitudini agronomiche, un'ottima produzione in datteri, qualitativamente e quantitativamente, e soprattutto una resistenza al Bayoud soddisfacente.
La coltura in vitro ha permesso recentemente dei risultati incoraggianti, ottenendo, a partire da un individuo, un numero elevato di semenzali geneticamente identici. La selezione per la resistenza include diverse tappe d'inoculazioni sperimentali e di piantagione in terreno infestato. Si tratta di un processo estremamente lungo, ma necessario per garantire un livello di resistenza dei semenzali. Questi primi risultati sono il frutto, di più di 20 anni di lavoro. Si tratta dunque di una ricerca a lungo termine che non può fermarsi al conseguimento di una sola specie resistente, occorre dunque aumentare il potenziale di selezione per ottenere ulteriori genotipi resistenti.


Tradizione ed usi. Caratteristiche chimico-nutrizionali del dattero

I datteri, oltre ad essere da sempre considerati un alimento miracoloso, per i musulmani è un principio fondamentale dell'alimentazione.
La moglie del Profeta, Aïcha, diceva: Noi, la Famiglia del Profeta di Muhammed, arrivavamo talune volte, ad non avere più fuoco per cucinare e cibo per mangiare, ci restavano solo acqua e datteri per sopravvivere, e questo poteva durare pure un mese. E ancora: Quando il Profeta morì, per tanto tempo ancora ebbimo solo acqua e datteri come cibo (riportato dall'Imam Muslim).

(foto di marco muci)

Il Profeta raccomandava a tutti di mangiare datteri: Chi comincia la sua giornata mangiando sette datteri, non sarà attaccato da nessun veleno; o ancora: Gli occupanti di una casa, sprovvista di datteri, avranno sempre fame.
Il Profeta raccomandava i suoi lavoratori di masticare datteri da dare poi ai neonati, che esso stesso benediceva alla nascita sfregando datteri molli all'interno della loro piccola bocca.
I datteri, per il loro elevato contenuto zuccherino, costituiscono un alimento fondamentale per le popolazioni del Nord Africa, Arabia, Persia, dove centinaia di varietà vengono coltivate per scopo commerciale.
I datteri sono uno dei frutti più ricchi di glucidi, possono arrivare a contenerne fino al 70%.
Il dattero secco è un frutto energetico: fornisce 287 kcalories - 1200 kJoules – in 100 g. Con valori vicini ad altra frutta energetica come l'uva secca e le albicocche secche. I minerali ed oligoelementi sono abbondanti in questo frutto: ne contiene da 1,5 a 1,8 g per 100 g, 2 - 3 volte tanto il valore del frutto fresco. È un frutto ricco in potassio (più di 670 mg per 100 g), in calcio (62 mg) e in magnesio (58 mg), così come pure il ferro (3 mg). Rame, zinco e manganese sono presenti a livelli interessanti.
Il profilo vitaminico del dattero secco è caratterizzato da valori apprezzabili delle vitamine del gruppo B: 1,7 mg di vitamina B3, 0,8 mg di vitamina B5, 0,15 mg di vitamina B6, 0,10 mg di vitamina B2. La vitamina C (che raggiunge circa 15 mg nel dattero fresco) scompare quasi completamente nel dattero essiccato (2 mg in media), ed il tasso di provitamina A supera di rado lo 0,03 mg per 100 g. I datteri permettono infine di rafforzare il contributo in fibre. 50 g di datteri ne fornisce oltre 3,5 g, che rappresenta dal 12 al 15% della quantità raccomandata giornalmente.
Essenzialmente (più del del 85% del totale) sono fibre insolubili, cellulosa ed emicellulose.
Come visto sopra, i datteri forniscono un contributo energetico notevole. Consumando 50 g di datteri, circa 6-8 frutti, a seconda della loro dimensione, si ricevono quasi 150 kcalories, che provengono quasi esclusivamente, più del 96%, da glucidi. I datteri sono dunque prodotti alimentari di prima scelta per il lavoro muscolare e questo ancor di più in quanto forniscono anche vitamine del gruppo B, necessarie al metabolismo glucidico. Consigliati per la pratica sportiva, in particolare, sulla prestazione a lungo termine ed ogni volta si debbano compiere sforzi fisici prolungati. Il dattero alle sue proprietà addolcenti associa un'attività importante d'espettorazione.

datteri al mercato di marrakech:
durante il ramadan il digiuno quotidiano viene spezzato mangiando datteri

Si prepara attraverso una decozione, uno sciroppo concentrato (robb), per favorire l'espettorazione e ristabilire le forze delle persone esaurite da una lunga malattia. Per giovani e anziani, i datteri sono tonici e tradizionalmente afrodisiaci: utili per le gengive, lo stomaco ed il transito intestinale. Le foglie della palma da dattero, sono utilizzate in infusione per causare il vomito in occasione di intossicazioni.
Le varietà più coltivate sono Mejhoul, Deklet noor, Ameri, Deri, Halawi e Zahidi, Berhi and Hiann.
Quasi tutti i datteri vengono fatti seccare al sole, in modo tale da aumentare la concentrazione degli zuccheri. In questo modo diventano più dolci e si conservano più a lungo. Questa caratteristica li rende disponibili tutto l'anno.
Alcune varietà (la Berhi e la Hiann) vengono invece commercializzate fresche.
I datteri secchi si presentano più scuri e grinzi, di forma oblunga irregolare, quelli freschi sono lisci e particolarmente cilindrici.
I datteri più diffusi sono quelli della grande distribuzione, di provenienza tunisina, e quelli israeliani, più grossi e spesso più costosi.
I datteri tunisini sono piccoli come calibro e poco dolci sebbene siano addizionati con sciroppo di glucosio. Sono confezionati nella classica confezione di plastica, attaccati a un finto ramo di plastica.
I datteri freschi sono da preferire a quelli secchi, sia per il maggior contenuto di vitamine, sia per l'assenza della glassa di glucosio utilizzata per la conservazione; e proprio per l'abbondante presenza di glucosio, i datteri secchi sono controindicati a chi soffre di diabete.
L'olio estratto dai datteri viene spesso utilizzato nella preparazione di saponi o prodotti cosmetici.
Il dattero è un frutto importante anche nella tradizione ayurvedica. I datteri sono caldi e asciutti, danno forza allo stomaco, curano le malattie dell'aria, danno energia sessuale e mentale. Sono molto utili in caso di tosse e aiutano a mettere peso. I datteri si trovano in India in due varietà principali: la prima è grossa, dolce e saporita, la seconda è più piccola e non molto dolce. Sono usati come zucchero (gur) e come frutta candita. Secondo la tradizione ayurvedica, i datteri danno forza, resistenza, vitalità e virilità, e accrescono la produzione di sperma.
Anche lo zucchero di dattero è digeribile e fornisce molte calorie. In caso di debolezza generale mangiarli con latte la mattina a colazione.
La medicina ayurvedica consiglia a chi ha dei problemi di stitichezza mattutina, di prendere del latte bollito con almeno quattro o cinque datteri la sera prima di andare a dormire.
Grazie all'alto contenuto di zuccheri, i datteri possono essere conservati molto a lungo: bisogna però fare attenzione in quanto spesso, per aumentarne l'appetibilità e i tempi di conservazione, vengono preparati con aggiunta di sciroppo di glucosio e di conservanti (quasi sempre l'E202 - sorbato di potassio).


Conclusioni

riflessi sul fiume draa
Nelle conclusioni al mio viaggio la speranza nella ricerca, che per il popolo delle oasi, vuol significare salvezza di un ecosistema; che le palme non siano solo per gli esuli, per le ville e per i giardini, ma soprattutto sostegno vitale per chi all'ombra della grande Palma raccoglie ogni giorno il frutto del proprio futuro, la propria luce.


Per la bibliografia, scrivete all'autore (g.impre@libero.it).


Ultimo aggiornamento: 2009-09-13

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