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Majorelle, il polmone bleu di Marrakech


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A cura di:
Dr Giuseppe Imprezzabile (g.impre@libero.it)
Erborista
Esperto in Medicina Erboristica ed Etnobotanica del Mondo Arabo
Consigliere Nazionale Federazione Erboristi Italiani - F.E.I.


Schede finali sui Musei a cura di
Djemme - Slow Travel

È difficile immaginare un luogo di poesia e di quiete nel cuore di Marrakech, però nella città rossa del Marocco tutto è possibile, come trovare un polmone bleu, dove fermarsi, dove riflettere sullo splendore del viaggio, circondati dall’imponenza dei bellissimi esemplari che compongono la collezione Majorelle.

Questo non è un semplice Orto Botanico come potremmo immaginarcelo, ma un luogo magico dove natura e arte vivono in perfetta simbiosi. Siamo sul finire del mese di febbraio e, nonostante ciò, oggi è una giornata luminosa e non troppo calda, ideale per sostare qualche tempo in più ad ammirare il gioco di luci e colori di questo giardino. Quando si entra nell’eden di Majorelle, il tempo caotico di Marrakech si ferma, e sembra fatto apposta che la strada che dal centro della Medina porta al giardino è una tra le più trafficate della città. La prima cosa che stupisce è la sensazione di tele-trasporto che evoca questo luogo; una strana quiete, che viene interrotta solo dallo scintillante vociare delle innumerevoli specie di volatili che abitano il giardino. Il bleu Majorelle, così chiamato, fa da tappeto ad una collezione davvero ampia e varia, proveniente dai cinque continenti. Della Famiglia delle Cactaceae che comprende circa 300 specie e 120 generi, sono presenti circa trenta generi diversi, facenti parte soprattutto delle sotto-Famiglie delle Opuntioideae e delle Cactoideae. Majorelle aveva un particolare interesse per i cactus. Altrettanto presenti sono le Palmaceae, con specie provenienti da California, Africa, India, Canarie e bacino del Mediterraneo.
Il genere Washingtonia, Palme appartenente alla Famiglia delle Arelaceae, è completo con le due specie W. Filiera e W. Robusta. Nel genere Phoenix, oltre alla "palma da datteri" (Phoenix dactylifera) figurano P. rupicola, P. reclinata, P. canariensis, P. teophrastii, originaria di Cipro e della costa turca. Il portamento elegante e il fogliame decorativo dei Bambù impreziosiscono angoli splendidi di questo luogo, come le fontane e i ruscelli abitati da piante acquatiche.

I contrasti e i giochi di luce sembrano usciti proprio dal pennello di Jacques Majorelle. Era uno dei più importanti collezionisti di piante della sua epoca ed è in questo spirito che i proprietari di oggi accrescono di giorno in giorno la flora del giardino con piante provenienti da tutto il mondo.

Ma conosciamo meglio la storia di questo "riad".

Jacques Majorelle è nato a Nancy, in Francia, nel 1886 nell’ambito di una famiglia di artisti. Suo padre, Louis Majorelle, ebanista famoso di Nancy, gli dà l’occasione di entrare nell’ambiente degli artisti di quell’epoca. Guidato dagli amici di quest’ultimo entra ai Beaux-Arts di Nancy nel 1901 quindi all’accademia Julian a Parigi. A 33 anni si trasferisce definitivamente a Marrakech per proseguire la sua carriera di pittore, e dove successivamente acquisterà un terreno che diventerà l’attuale giardino. Fin dal 1947 le porte del suo "riad" sono aperte al pubblico, ma, a seguito di un incidente stradale, rientra in Francia, dove morirà nel 1962. Nel 1980 Pierre Bergé e Yves Saint Laurent, il famoso stilista, riacquistano il giardino e lo restaurano, salvandolo da un facile degrado e abbandono. Nel cuore della tumultuosa vita urbana di Marrakech, il giardino Majorelle offre oggi la sua freschezza e la sua pace agli ospiti.
Ciò che fu il "seminario" di Majorelle, luogo d’ispirazione e di ricordo, oggi è anche la spendila cornice della raccolta d’arte di Pierre Bergé e Yves Saint Laurent. L’originalità di questo luogo risiede nella combinazione di una vegetazione lussureggiante e degli elementi architettonici di cultura arabo-berbera che uniscono sobrietà ed estetica tradizionale marocchina.
Il forte contrasto di colori, che Majorelle creò nel suo giardino tra il verde ed il bleu ed i svariati colori delle fioriture, si ritrova anche fra il deserto e la siccità circostanti, opposti ad un sistema particolare di giochi d’acqua: bacini e fontane calmano il visitatore e danno il benvenuto ad una raccolta di piante acquatiche dai colori stupefacenti.

Insediatosi in Marocco in pianta stabile, Majorelle sviluppa nel cuore del Mediterraneo una visione molto particolare, che esce dalle rappresentazioni classiche, scopre le forme semplici su argomenti originali. Fin dal 1910 scopre l’Egitto ed il Nilo e visita l’Oriente con uno sguardo nuovo, privato di tutti i fanatismi orientali. Nel 1919 Jacques Majorelle si installa nella médina di Marrakech in cui partecipa all’alta borghesia francese.
Innamoratosi dell’estetica dei souk, capta nelle sue linee spezzate la luce, i colori, le sfumature della vita quotidiana. Questo pittore-viaggiatore "amante" delle specie botaniche più splendenti è attirato dall’autenticità delle regioni berbere dell’Atlas; la geometria sobria dei villaggi e delle kasba d’argilla lo affascinano. Il sud del Marocco occuperà una grande parte della sua esistenza.

Oltre ai suoi tessuti, Majorelle realizza manifesti per promuovere il turismo in Marocco. Tra il 1945 ed il 1952, la ricerca del bello lo porta a scoprire l’Africa nera (Sudan, Guinea, Costa d’Avorio, Niger e Senegal), dove realizza una serie di tessuti dai contrasti che abbagliano, dando prova di grande creatività, tanto sul livello delle tecniche utilizzate che sugli argomenti trattati; tutto questo ricercare salta subito all’occhio appena entriamo nel giardino, dove le varie essenze compongono tappeti e stoffe sul terreno, curato e impreziosito da minute attenzioni. Tuttavia, Jacques Majorelle ritorna sempre nel porto di pace, il suo giardino. La sua residenza principale è stata ricreata all’immagine dei palazzi di Marrakech: semplicità architetturale, getti d’acqua e vegetazione esotica. Questo piccolo paradiso, inizialmente luogo d’ispirazione e di riposo di un grande viaggiatore e collezionista, oggi è luogo di riposo e riflessione per chi di Marrakech non vuole solo udire il vociare della médina. Come visto prima, a seguito di un incidente d’auto Jacques Majorelle morirà nel 1962.

Dopo la scomparsa del suo creatore lo splendido giardino resta comunque aperto al pubblico ma subisce forti deterioramenti. Nel 1980 Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, fino ad allora ospiti ed ammiratori del giardino, lo acquistano, salvandolo così delle speculazioni immobiliari che devasta tutt’oggi il patrimonio di alcuni quartieri verdi di Marrakech. I lavori di restauro incominciano subito e terminano nel gennaio 2001, con la creazione dell’Associazione per la salvaguardia del giardino Majorelle, garantendo così la sua perennità. I nuovi proprietari, tra le tante specie introdotte durante il periodo di restauro, hanno installato sistemi d’irrigazione automatica che permettono la riduzione del 40% delle spese d’acqua. Oltre al suo interesse economico ed ecologico, questo sistema permette di controllare efficacemente la ripartizione dell’acqua secondo le ore del giorno e le necessità specifiche di ogni pianta. Oggi il Giardino Majorelle può contare più di 300 specie di piante, per lo più esotiche.

Il Museo Pierre Bergé delle Arti Berbere

Situato nel cuore del Jardin Majorelle, nell’edificio un tempo adibito ad atelier di pittura di Jacques Majorelle ed inaugurato nel 2011, il museo è dedicato ai Berberi (o meglio Amazigh), la più antica popolazione autoctona del Nord Africa, con particolare enfasi sul loro patrimonio artistico e culturale, caratterizzato da una straordinaria ricchezza, creatività e varietà, esemplificati in una collezione di più di 600 oggetti raccolti da Pierre Bergé e Yves Saint Laurent.
Fin dalle prime sale la musica, inconfondibile, di fiati, corde, voci maschili e zaghrouta (il caratteristico suono emesso dalle donne, una via di mezzo tra l’urlo e il canto) fanno da sottofondo agli audiovisivi dove vengono accostati alcuni dei paesaggi amazigh tra i più belli del Marocco alla storia, fin dall’epoca neolitica, e alla geografia, con una cartografia delle tribù più importanti. Il percorso si snoda attraverso una collezione di oggetti di vita quotidiana, attrezzi, calzature, per poi accedere all’aera dedicata all’abbigliamento: i diversi stili a seconda della provenienza della tribù, l’arte tessile con alcuni stupendi tappeti, gli strumenti musicali.. ma la sala che certamente resta più indelebilmente scolpita nella memoria del visitatore è quella dei gioielli: manufatti di straordinaria bellezza, estremamente attuali, ammiccano dalle loro teche di vetro sotto un cielo stellato. E per concludere, una piccola ma invitante libreria.

Il Museo Yves Saint Laurent

Si trova nella stessa via del Jardin Majorelle, già chiamata con il nome dello stilista francese, e fu inaugurato nel 2017; il museo è dedicato all’esposizione della produzione artistica di Yves Saint Laurent, affiancandosi al museo di Parigi, situato nella sede storica della maison.
Il primo impatto è con la struttura museale, premiata nel 2018 come migliore edificio pubblico dalla rivista inglese di design Wallpaper: si presenta come un assemblaggio di elementi cubici e curvilinei, realizzati in terracotta, cemento, pietra e marmi locali, con colori che, richiamando la terra, si fondono armonicamente con l’architettura circostante. Il verde, delle palme, dei banani, dei cactus, così come le vivaci bouganville, spuntano ovunque.
Dall’ipnotico cortile interno, si accede al buio: atmosfera da sfilata anni 70, meravigliose creazioni riempiono lo spazio.
Il complesso include anche sale dedicate ad esposizioni temporanee, auditorium, caffè e ristorante, negozi ed una ricca biblioteca con opere andaluse del dodicesimo secolo, libri di botanica ed arte berbera.


Foto di Giuseppe Imprezzabile, Carlo Lobetti-Bodoni e Djemme - Slow Travel

Per la bibliografia, scrivete a g.impre@libero.it.


Ultimo aggiornamento: 2020-10-23

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